Pavia rompe il fronte anti Islam. La moschea mette tutti d’accordo
Il nuovo centro islamico è stato inaugurato sabato sera all’interno di un ex capannone industriale
Moschea sì. Moschea no. L’Italia dei campanili si divide, Pavia si distingue. Sabato sera il sindaco in persona, Massimo De Paoli del Pd, ha partecipato all’inaugurazione del nuovo Centro Islamico per il Dialogo di via Pollak: «Pavia è una città accogliente. È una struttura che hanno comperato e adattato a loro spese. Mi fa piacere che abbiano scelto questo nome. Era giusto esserci». Nulla da eccepire dall’ex sindaco Alessandro Cattaneo di Forza Italia che oggi guida le opposizioni in consiglio comunale: «Sarei andato anch’io. Con questa comunità avevo rapporti anche da sindaco. Sono medici, professionisti, giordani, siriani, a Pavia magari da 40 anni dopo essere venuti alla nostra università. Nulla a che vedere con il progetto della grande moschea che abbiamo bocciato in consiglio...».
In via Pollak il neonato centro islamico è un capannone industriale dipinto di grigio, con le vetrofanie coraniche alle finestre, in un’area dove sorgono solo altri capannoni industriali. Non ci sono abitazioni. Non ci sono scuole. Non ci sono negozi. Solo il via vai dei camion e dei furgoni che alimentano aziende e fabbrichette. Niente a che vedere con il progetto della Grande Moschea - grande come quella di Sesto San Giovanni che ha fatto la stessa fine - bocciato dalla giunta di centrodestra di Pavia, ribocciato da quella di centrosinistra.
Il sindaco Massimo De Paoli, l’ultimo a stopparla, spiega le ragioni: «Il progetto non era chiaro. I richiedenti assicuravano di avere a disposizioni fondi del Qatar». Abbastanza per decidere di bloccare tutto visto che il Qatar è uno di quei Paesi considerati ambigui dall’Occidente riguardo ai rapporti con i jihadisti. Perchè alla fine si torna sempre lì. Al diritto di culto, qualsiasi culto, garantito dalla nostra Costituzione. Ma pure alle esigenze di sicurezza che fanno accendere i riflettori sulla comunità islamica.
Una comunità numerosa a Pavia, ma non in cima alle classifiche degli stranieri in cui svettano soprattutto rumeni e albanesi. Tutto sommato con numeri in linea col resto d’Italia visto che gli stranieri sono poco meno di 10 mila a fronte di poco più di 70 mila abitanti. Con una convivenza consolidata anche dalla storica presenza dell’Università fondata nel 1361 e che oggi ha 22mila studenti, molti dei quali stranieri. Non principalmente musulmani. E di sicuro non tutti praticanti. Secondo l’imam Al Hasan Badri i fedeli che ruotano attorno al Centro del Dialogo di via Pollack sono 400. Molti meno quelli che si ritrovano nell’altro centro di via San Giovannino che è poco più di un appartamento da un’altra parte della città.
Luoghi conosciuti, accettati dalla città. Alessandro Cattaneo, l’ex sindaco di Forza Italia, dice quello che dicono tanti: «Il dibattito è quello di sempre. Meglio sapere dove si ritrovano alla luce del sole che non in qualche cantina. Ma il problema vero non sono le moschee. Sono gli uffici dell’anagrafe dove i bambini stranieri nascono più degli italiani. È un fatto di proporzioni gigantesche che nessuno sta controllando».
Certo Al Ahasan Badri è uno straniero. Anche se è in città da talmente tanto tempo che si fa fatica a non considerarlo un pavese ha tutti gli effetti: «Ho studiato qui. I miei figli sono nati qui. Pavia è una città multiculturale. E noi come comunità partecipiamo al Tavolo interreligioso». Un gesto concreto, ricambiato da don Michele Mosa che per la Diocesi di Pavia ha partecipato all’inaugurazione del centro islamico: «Perchè funzioni, il dialogo tra religioni non può essere solo a livello teologico. È importante anche un livello più terra terra, quello della conoscenza personale che ci fa essere qui».