Smog: sorpresa, il 15% delle polveri vieni dai campi
©Manuel Cazzola, l’immagine fa parte della mostra fotografica dell’autore “L’Emozione di un Paesaggio” allestita fino al 6 gennaio all’agriturismo “Punto Verde Ponti”, a Ponti, in provincia di Alessandria
L’inquinamento dell’aria uccide oltre 400 mila europei ogni anno. È come se sparissero in un colpo solo più di tutti gli abitanti di Bologna. E, a sorpresa, sul banco degli accusati spunta un imputato inatteso: l’agricoltura intensiva. Il settore agricolo è il responsabile del 94% dell’ammoniaca e del 53% del metano che si trovano, come ospiti indesiderati, nell’aria che finisce nei nostri polmoni. Oltre che di circa il 15% delle polveri sottili, uno degli inquinanti più micidiali.
I dati sono contenuti nello studio “Air quality in Europe: 2017 report” curato dall’Agenzia europea dell’ambiente e riportati dal sito Cambia la Terra. Secondo il rapporto, le polveri ultrasottili (quelle con un diametro che non supera i 2,5 millesimi di millimetro) ogni anno causano la morte di 428 mila cittadini dei 41 Paesi europei (di cui 399 mila nell’Europa a 28). Oltre al costo in vite umane, questo inquinamento produce un considerevole danno economico misurabile in termini di spese sanitarie, perdita di giornate di lavoro, diminuzione dei raccolti, danni al suolo, alle foreste, ai fiumi. Un prezzo definito “inaccettabile” dal direttore dell’Agenzia europea dell’ambiente, Hans Bruyninckx.
Quest’anno, a sorpresa, il focus del rapporto viene dedicato all’agricoltura, un settore che finora era stato presentato più come vittima che come responsabile. L’agricoltura in effetti, documenta lo studio, paga un prezzo pesante all’inquinamento dell’aria in termini di danni alla vegetazione e agli ecosistemi. In particolare il tetto massimo di ozono troposferico viene superato nel 18% dell’area agricola europea (con punte più elevate nei Paesi mediterranee) provocando conseguenze pesanti sulla produttività dei suoli. Inoltre il 7% degli ecosistemi europei è minacciato dall’acidificazione dell’aria.
L’agricoltura, che copre circa il 40% dei suoli europei, è però anche corresponsabile di questa situazione: corresponsabile perché in larga parte ha scelto la strada delle colture intensive che hanno un alto impatto ambientale, comportano un uso massiccio di chimica di sintesi e hanno bisogno di un consistente consumo di petrolio. “L’agricoltura è diventata una fonte importante di inquinanti dell’aria e di gas serra”, afferma il rapporto europeo. Un quadro che comporta un costo sanitario considerevole: “Le malattie del cuore e gli infarti sono le più frequenti cause di morte prematura attribuibili all’inquinamento atmosferico; seguite dalle malattie polmonari e dal tumore ai polmoni”.
“L’agricoltura è la terza fonte di emissioni primarie di PM10 nell’Unione europea e pesa per il 15% del totale delle emissioni”, continua il rapporto. “Il settore è anche la seconda fonte di Benzo(a)Pirene (uno degli idrocarburi policiclici aromatici) con il 12% del totale, e dà un contributo pari all’11% del totale per i composti organici volatili non metanici (NMVOC). Inoltre l’uso dei pesticidi comporta emissioni di Pops”, gli inquinanti organici persistenti che si accumulano nei grassi e provocano danni che vanno dai difetti genitali alla nascita ai tumori.
I numeri sull’esposizione all’assieme dell’inquinamento dell’aria della popolazione urbana europea sono impressionanti. Risulta a rischio (oltre i limiti di legge) il 7-8% della popolazione per quanto riguarda le PM2,5; il 16-20% per le PM10; il 7-30% per l’ozono troposferico; il 20-25% per il Benzo(a)Pirene. Sono dati già impressionanti. Ma se valutiamo il pericolo in base ai valori suggeriti dall’Organizzazione mondiale della sanità vediamo che la popolazione esposta sale all’82-85% per le PM2,5; al 50-62% per le PM10; al 95-98% per l’ozono troposferico; all’85-91% per il Benzo(a)Pirene.
Un quadro allarmante anche nel nostro Paese, come dimostra lo studio “La sfida della qualità dell’aria nelle città italiane” firmato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile: “In Italia il 96% del totale delle emissioni di ammoniaca deriva dai fertilizzanti azotati, organici e di sintesi, e dalle deiezioni degli animali allevati. La volatizzazione dell’ammoniaca contribuisce attivamente alla formazione di aerosol e, quindi, di particolato in atmosfera con conseguenze sulla salute e sulla visibilità. Tra il 1990 e il 2005 le emissioni di ammoniaca del settore agricolo si sono ridotte del 18%, ma negli ultimi anni il trend verso la diminuzione è rallentato, ponendo in dubbio la possibilità di raggiungere i target europei per il 2030”.