Don Maurizio Pallù a Firenze, festa in aeroporto e messa in parrocchia: “Spero di ripartire presto” 

Canti e abbracci ieri mattina all'arrivo del missionario rapito in Nigeria, presente il sindaco Nardella. Celebrazione a San Bartolomeo in Tuto: «Ho avuto paura e non ero pronto a morire, ho visto miracoli». In Italia probabilmente fino a dicembre, «in Nigeria missione immensa» »
ANSA

Il ritorno di don Maurizio Pallù a Firenze nell'aeroporto di Peretola


Pubblicato il 20/10/2017
Ultima modifica il 20/10/2017 alle ore 12:48
firenze

I canti e gli abbracci dei fratelli del Cammino neocatecumenale, l’assalto dei cameraman e dei cronisti e l’incontro con il sindaco Dario Nardella hanno segnato l’arrivo ieri mattina di don Maurizio Pallù, il missionario italiano rapito la scorsa settimana in Nigeria e liberato il 17 ottobre, all’aeroporto di Peretola, nella Firenze che l’ha visto nascere e crescere dove è tornato per salutare l’anziana mamma Laura, 92 anni, che lo ha accolto in lacrime alla porta del suo appartamento nella periferia nord di Novoli, come pure tutti gli amici, i parenti e i parrocchiani. 

 

Gli stessi che nei giorni del rapimento hanno pregato, vegliato e digiunato perché il sacerdote, da anni missionario nel mondo, da tre in quell’Africa di cui si dice innamorato, fosse rilasciato. Gli stessi che si sono ritrovati tutti ieri sera, intorno alle 21, nella parrocchia di San Bartolomeo in Tuto, dove don Maurizio ha iniziato l’itinerario del Cammino neocatecumenale e che rimane la parrocchia di riferimento. 

 

«Sono toccato e commosso dalla vostra presenza, dalla vostra partecipazione e dalle vostre preghiere» ha esordito Pallù nell’omelia della messa, la seconda che celebra dal rilascio dopo quella di mercoledì 18 ad Abuja in cui ha potuto anche festeggiare il suo 63esimo compleanno. «Sono sicuro che proprio le vostre preghiere mi hanno salvato la vita. Io non ho fatto niente… Per sei giorni sono rimasto in un bosco e non ci siamo mai mossi. Lì ho sperimentato la mia totale impotenza, non avevo né bibbia né breviario mi hanno lasciato solo il Rosario e ho pregato tanto soprattutto per i miei persecutori, cercando anche di incoraggiare anche gli altri miei compagni», un giovane ragioniere nigeriano e una studentessa poco più che ventenne.  

 

«Erano terrorizzati - ha raccontato il sacerdote - e anche io ho scoperto la mia paura. Non volevo morire, mentre pregavo mi sono fatto un esame di coscienza: sono pronto a morire? No Signore non sono pronto, mi sono detto, ho ancora tanti peccati... Se mi concedi altri anni di vita, ti prometto che moltiplicherò il mio servizio».  

 

Un servizio di evangelizzazione che Pallù assicura di voler continuare a svolgere, «anche se ogni volte che ci muoviamo c’è un attacco». Allo stesso tempo, però, «c’è un intervento più forte che ci libera». Per l’itinerante è tutto merito di Dio e della Madonna, quella di Fatima alla quale dice di essere profondamente devoto e a cui ha affidato la sua missione sin dagli anni in Olanda.   

 

«Ho visto una risposta del Signore», spiega il sacerdote. E, come già raccontava nell’intervista a Vatican Insider poco dopo la liberazione, aggiunge: «Dopo qualche giorno che ci avevano portato via in questo luogo isolato il cuore del capo dei banditi ha cominciato a intenerirsi: gli ho detto più volte che pregavo per loro, gli ho detto “tu sei mio fratello, siamo tutti fratelli, prego per voi”. È vero, le contrapposizioni sono sempre sbagliate: buoni e cattivi, cristiani e musulmani… In ognuno di noi c’è un po’ di tutto, anche un uomo violento capace di ammazzare gli altri. Io, senza Dio, sarei così. E il capo, infatti, dopo un po’ mi ha detto: “Continua a pregare”».  

 

Per don Maurizio Pallù «una cosa è certa: uscendo da questa esperienza la mia fede è cresciuta, così come la mia speranza e la mia carità». La sua conclusione da questa vicenda che aveva destato la preoccupazione anche di Papa Francesco è quindi quella confidata durante l'incontro in una saletta privata con il sindaco Nardella che si complimentava per il suo coraggio: «Da soli non siamo in grado di fare nulla, fa tutto il Signore». 

 

«Spero di tornare subito in missione», ha detto Pallù al primo cittadino e continua a ripeterlo anche in queste ore a chiunque gli chieda cosa abbia in programma per il futuro. Per ora rimarrà in Italia, probabilmente fino a dicembre, poi sembra difficile impedirgli il ritorno in Nigeria. Perché «se in quel paese il demonio scatena una battaglia così grande per della povera gente e per un cretino come me che va ad annunciare il Vangelo vuol dire che quello che sta dietro è immenso». 

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