Usa, nel ranch “parco-giochi” si uccidono gli animali selvatici. Basta pagare
Coppie felici che sorridono abbracciate immerse nella natura. In posa orgogliosi di mostrare stupendi animali morti. Uccisi in battute di caccia. Anche i figli prendono parte a questo macabro rito. In una delle tante foto si vede una ragazzina sorridente e in posa abbracciata con un canguro morto (l’immagine dell’animale l’abbiamo volutamente coperta) e appeso per il collo per farlo stare bene in piedi. È quanto si può trovare nelle varie fotogallery dell’Ox Ranch, un enorme ranch texano che ospita animali esotici come le antilopi, le capre himalayane e le zebre. Tutti animali tenuti lì per essere cacciati e uccisi.
Tutto è permesso, tranne per Buttercup, la giraffa del ranch che può aggirarsi indisturbata ovunque. Per il resto basta avere i soldi, tanti soldi e poi basta scegliere da un lungo elenco quale animale si vuole portare a casa come trofeo. A partire dal bongo, un’antilope africana, l’esemplare più costoso di questo commercio di esseri viventi: per cacciarla bisogna pagare 35mila dollari. Per portare a casa la testa di un orice (un’antilope araba) bisogna spendere 9.500 dollari, per la sitatunga ce ne vogliono 12mila mentre per lo gnu il costo supera i 15mila dollari.
Un esemplare di Bongo
In molti casi, quasi come se fosse una beffa, vengono date anche informazioni sul numero di esemplari esistenti nel mondo: l’addax, per esempio, meglio noto come antilope dalle corna a vite, inserita nello stato “critico” della lista degli animali a rischio estinzione. Il sito del ranch scrive che ne esistono duemila esemplari in tutto il mondo e per i loro clienti 70 sono pronte a farsi uccidere per la modica cifra di circa 6500 dollari.
Un esemplare di Addax
L’Ox Ranch, che prende il nome dal suo proprietario, il 34enne Brent C. Oxley, ha una pista d’atterraggio per aerei privati e un lodge di 24 chilometri quadrati. Gli animali vagano in uno spazio di 73 chilometri quadri più grande dello zoo di Houston. Ma lo scopo della struttura non è né quello di mostrare gli animali, né di conservarli, ma è quello di ricreare una un campo di gioco su larga scala nel quale dar da mangiare e uccidere le specie esotiche.
Un esemplare di canguro
Gli animalisti da tempo condannano questo ranch considerandolo «una realtà in cui gli animali vengono allevati per profitto deve destare preoccupazione», ha dichiarato Anna Frostic, rappresentante legale della Humane Society of the United States. Di tutta altra opinione il direttore esecutivo Jason Molitor: «Amiamo gli animali, ecco perché li cacciamo - ha dichiarato al New York Times -. La maggior parte dei cacciatori sono più vicini alla protezione degli animali di quanto la gente immagini». Per argomentare le loro tesi, i cacciatori spiegano anche che ci sono più antilopi in Texas che nella nativa India proprio grazie ai ranch. E non solo le antilopi.
Secondo un rapporto dell’Università del Texas del 2007, l’industria degli animali esotici frutta all’America miliardi di dollari. Un sondaggio del dipartimento di Stato per i Parchi e le specie selvatiche del 1994 contò 195mila animali appartenenti a 87 specie diverse. Negli anni il numero è esploso e, sebbene non esista un censimento ufficiale, i biologi stimano 1,3 milioni di animali.
Intanto il braccio di ferro tra animalisti e cacciatori non sembra destinato a finire presto. «I proprietari dei ranch possono trarre profitto e nel frattempo fare del bene agli animali», ha dichiarato John M. Tomecek, esperto di specie selvatiche al Texas A&M AgriLife Extension Service. Non la pensa così Ashley Byrne, direttrice della campagna di People for the Ethical Treatment of Animals: «La caccia non ha nulla a che fare con la conservazione. Quello che cercano di fare è far sembrare giusta una cosa che la media delle persone ritiene riprovevole».
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